Ho la necessità, con questo lavoro, di dare una testimonianza personale della vita dello spirito, pura energia spirituale, così come si svolge dentro il mio essere e così come la percepisco, la ricevo, la interpreto e, finalmente la manifesto.
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Ciò premesso, cosa significa testimoniare la vita dello spirito? Significa rendere manifesta quella percezione, quello stimolo, quell’energia che percepiamo attraverso la vita dell’inconscio, ovvero quanto rappresenta la storia non scritta dell’uomo fin dalle sue origini e che da sempre cerca visibilità attraverso la porta della psiche umana cosciente. Se per gli alchimisti l’“opus” consisteva nel disvelare lo spirito imprigionato nella materia – poiché pensavano che lo spirito fosse una “sostanza” in essa nascosta e quella andavano cercando attraverso tutte le varie fasi della lavorazione di natura sia pratica sia psichica – oggi possiamo concepire di realizzare la stessa “opus” usando un’attenzione particolare e costante alla vita del nostro inconscio, compreso nella globalità del nostro sentire, in ogni momento rivelata da una molteplicità di segnali della materia psichica. L’“opus” che possiamo elaborare nel nostro tempo è evidentemente diversa da quella elaborata nei tempi passati: le scoperte della fisica quantistica, che hanno fatto dell’Universo un indissolubile intreccio di mente e materia, ci confermano la speculazione della nostra “mente psichica”, la quale considera lo spirito, con le sue intense vibrazioni luminose, come l’agente sottile e invisibile che “informa “ e “forma” la vita, vivifica e fa evolvere tutta la materia con una tensione costante tesa alla realizzazione di un universo di luce spirituale. Da molti anni annoto i sogni che l’inconscio mi suggerisce durante lo scorrere quotidiano della vita. Spesso al mattino cerco di intuire il messaggio in essi contenuto, cercando di decifrare il loro linguaggio simbolico, con il quale usano presentarsi alla nostra realtà psichica cosciente. Qualche tempo fa, ho fatto un sogno molto breve e chiaro: “Scrivi un articolo che unisca le tre Scuole analitiche che hanno riviste diverse”. Dopo una breve riflessione, mi è parso ovvio accingermi a prendere carta e penna e buttare giù un articolo che fosse uno studio di approfondimento degli aspetti teorici delle tre tecniche analitiche cui il sogno pensavo si riferisse e tentarne una sintesi. Ma, con il passare del tempo, qualcosa dentro di me impediva di gettarmi con serenità al lavoro, finché non ho ricordato che, proprio in quei giorni, sazio di teorie e contorni, avevo cominciato per divertimento a disegnare in modo spontaneo e irrazionale delle figure geometriche, creando pure immagini, senza alcuna mediazione intellettuale. Con piacevole sorpresa mi sono ricordato che andavo elaborando e disegnando la figura del triangolo isoscele sperimentandone sia le possibilità geometriche sia quelle fantastiche. Poi l’intuizione: il triangolo … … le tre scuole … la triade, come un lampo ho sentito l’intreccio fra la dimensione teorica delle tre scuole analitiche e la dimensione simbolica basata sul numero tre e sulla figura geometrica della triade che proprio in quei giorni occupava lo spazio della mia mente psichica. Così mi sono preoccupato, come mio solito, di cercare di organizzare un programma di studio e scrittura che tenesse conto di queste istanze. Studiando e leggendo, la materia si faceva sempre più complessa. Apparivano problematiche sempre più profonde: la vita delle pulsioni e l’inconscio, il ruolo delle emozioni nell’evoluzione, l’energetica psichica e la nascita del simbolo, la connessione fra la nascita del simbolo e la realtà, l’amore come fondamento delle relazioni… i temi sembravano allargarsi esponenzialmente. Comunque tutti investivano lo svolgersi della storia umana e, in questo caso, la domanda fondamentale posta dal sogno era: quali sviluppi avrebbe potuto avere l’intreccio dinamico dato dall’unione fra le varie teorie che le tre differenti scuole generavano? Un altro sogno successivo, fatto dopo pochi giorni, mi chiarì molti dubbi e mi fornì una prospettiva metodologica abbastanza certa disegnando uno spazio operativo ben delimitato. Ecco il sogno, ancora una volta breve e coinciso: “… saltavo in braccio a un uomo forte e, come un bambino, esclamavo gioioso quanto era importante l’uso della forza della debolezza”! Subito dopo mi sono sentito sollevato. Il peso che mi era sembrato immane del confronto con una realtà psichica immensa, si era dissolto e l’immagine del bambino che si gettava fra le braccia rassicuranti dell’adulto, mi dava forza e sicurezza per affrontare questo compito con leggerezza. La forza dell’innocenza del fanciullo diveniva una notazione psichica fondamentale che metteva nel giusto binario e dava un limite ben preciso alle mie ansie di affrontare il lavoro proposto dall’inconscio. Prima di tutto andiamo a definire quali scuole analitiche che il sogno suggeriva di considerare. Non ci sono dubbi sul fatto che sono la scuola psicoanalitica freudiana, la psicologia analitica junghiana e la vegetoterapia reichiana. Scuole che sono state pietre miliari della cultura occidentale del XX secolo e, senz’altro, il fondamento della mia evoluzione psicologica. Questi tre movimenti sono sbocciati come un fiore multicolore nell’arido panorama positivistico e hanno gettato le fondamenta per una nuova scienza psicologica, operando una vera e propria rivoluzione del pensiero. Non solo, con le loro teorie, questi movimenti sono stati i portatori di un profondo rinnovamento etico della società, investendo modelli di vita, il sentire e l’essere: un cambiamento della coscienza la cui risonanza sta iniziando appena adesso a far sentire la propria intensa voce interiore in tutto l’ecumene. Prima di fare delle brevi considerazioni sulla loro opera possiamo condensare in poche sentite parole la straordinaria importanza del loro messaggio, il quale sembra sgorgare miracolosamente da quel terreno arido che era rappresentato dalla cultura positivistica regnante all’epoca. Possiamo senza dubbio osservare come nella riflessione intellettuale di Sigmund Freud la mente abbia assunto una dimensione profonda che oltrepassa finalmente i limiti della coscienza per affondare le sue radici nell’inconscio il quale, per la prima volta, trova la sua epifania e una sua adeguata sistematizzazione metodologica. Carl Gustav Jung è prima discepolo prediletto di Freud, poi fondatore di una nuova teoria psicologica con la quale disvelava alla coscienza dell’uomo la profondità delle antiche vie sapienziali attraverso la scoperta dell’inconscio collettivo, con conseguenti straordinari studi sui simboli e gli archetipi. Ma, non solo, attraverso la sua opera, le manifestazioni energetico-spirituali dell’uomo sono state inserite in un processo culturale e razionale, permettendone una diffusione anche in quei settori della cultura più restii ad affrontare tematiche che superassero l’aspetto puramente oggettivo della realtà. La profondità dell’abbraccio amoroso come legge naturale e divina, nel senso più profondo del termine, ha finalmente spirato attraverso l’opera di Wilhelm Reich, come l’espressione più spontanea della vita emozionale dell’uomo e della donna. Vediamo adesso di fare alcune considerazioni generali sulla loro opera. Freud è stato come il Profeta del Vecchio Testamento che demolì tabù ancestrali strappando i veli di tante ipocrisie. Il suo grande merito, oltre a quello di essere stato spregiudicato e coraggioso in questo compito, fu la scoperta di una profonda vita inconscia e dinamica all’interno della personalità di ogni individuo vivente. La sua grandezza fu aver costretto la cultura dell’epoca e quella successiva a trovare un concetto adeguato per la mente inconscia. L’esistenza dell’inconscio era già nota dai tempi antichi, come anima, ma era stata ammessa solo come postulato filosofico. Al contrario, Freud rivelò al mondo un fattore fondamentale: che la psiche inconscia influenza il comportamento e i sentimenti dell’individuo, anche se questi non ne è consapevole. Con questa impostazione teorica assolutamente originale, Freud rivoluzionò la prospettiva cartesiana convinta che la coscienza sia come appare e come si manifesta a se stessa e al mondo. Freud disvela che il senso dell’azione è psichica, per cui non può coincidere con quello che appare alla coscienza, ma nasconde un mondo inconscio che l’io cartesiano respinge pur essendone determinato. Ne consegue che la mente può governare se stessa tanto più efficacemente, quanto più tiene conto dei fattori irrazionali e inconsci che si agitano tumultuosi in quel gran serbatoio, fino a quel momento segreto, definito da Freud come inconscio. Perciò l’importanza di Freud e delle sue idee è legata alla crisi e al decadere del modello “classico” della mente, basato sul presupposto che esista una piena responsabilità dell’individuo nei confronti del proprio universo interiore. In quella logica, la mente sembrava fatta d’intenzioni consapevoli e trasparenti che promuovevano un ideale di uomo come individuo adulto, padrone di sé e del proprio destino. Un’ideologia completamente falsata da quella nozione di “normalità” che illudeva l’essere umano di avere la capacità di poter gestire in modo autonomo e controllato la propria vita. Freud scombinò tale illusione dimostrando con approccio scientifico che è “costituzionalmente” impossibile gestire la propria vita a prescindere da quel mondo irrazionale, dalle imperiose istanze che albergano nelle viscere di ciascun essere umano da Freud definite come pulsioni. Attraverso l’apertura all’aspetto più irrazionale della personalità umana, senza esserne pienamente consapevole anzi, cercando di razionalizzare ciò che non può essere razionalizzato, Freud aprì all’uomo la possibilità di conoscere quella sorgente spirituale profonda e incomprimibile che era stata reietta dall’ambizione scientifica della società. Da notare che fu proprio il suo migliore allievo, Carl Gustav Jung, a intuire e sviluppare questa profonda possibilità, tanto che divenne poi una delle basi principali di tutto il suo immenso lavoro. Il modello proposto dal pensiero freudiano incontrò resistenze feroci da parte di tutto l’establishment culturale dell’epoca. L’assioma freudiano che la mente non è mai interamente auto consapevole – il quale sostituiva, in modo ineluttabile, la concezione di un uomo razionale, sicuro di sé, responsabile e propositivo, con un uomo psicologicamente conflittuale – fu una svolta, o meglio uno scandalo, che sovvertì il pensiero della cultura ottocentesca, dandole quel respiro profondo verso nuove riflessioni che avrebbero investito, con l’andare del tempo, tutto il sapere umano. La psiche inconscia divenne perciò il centro di una nuova speculazione clinica e il luogo per eccellenza della nascita dei conflitti pulsionali dell’uomo. Il luogo per eccellenza dove un complesso di ricordi, fantasie, ricostruzioni, desideri e frustrazioni, insieme alla rimozione, formavano una realtà psichica che diveniva oggetto di studio ed elaborazione. Un luogo psichico particolare da rappresentarsi non come una seconda coscienza, cioè un sistema autonomo all’interno del processo mentale umano, bensì come un sistema con contenuti e meccanismi specifici, collegati strettamente alla mente conscia, a prescindere dal fatto che questa non ne possa avvertire pienamente la presenza. Dopo Freud il pensiero umano, il gedenken, non è stato più lo stesso. Paradigmi che sembravano eterni sono saltati: è stato un vero e proprio salto quantico. Tutto il sapere umano, fulcro della coscienza dell’uomo, ha dovuto fare i conti con la scoperta dell’inconscio che ha scavato passaggi segreti e profondi cunicoli sotto le certezze positivistiche con cui era stato illuminato il pensiero del diciannovesimo secolo. Infatti, il secolo successivo non solo ha visto l’esplosione delle più tragiche e barbare guerre mai prodotte dalla follia dell’uomo, ma ha formulato postulati scientifici innovativi e, apparentemente irrazionali, quali la teoria della relatività o quella della fisica quantistica, per citare solo quelli che più hanno colpito la cultura del nostro tempo. Sintetizzando Freud è stato il vero e proprio spartiacque della storia culturale e civile occidentale. Carl Gustav Jung è l’altro straordinario pensatore che ha dilatato l’opera freudiana dandole un afflato universale, dovuto alla capacità d’indagine nei più diversi campi dello scibile umano. Attraverso questa poderosa opera di revisione, Jung allarga il concetto d’inconscio fino a suddividere i suoi contenuti fra quelli che si riferiscono all’inconscio individuale e quelli che invece appartengono all’inconscio collettivo, andando così oltre la categoria delle pulsioni indicate da Freud. Con questa nuova epistemologia Jung opera una vera e propria rivoluzione fondando una nuova psicologia basata sull’esistenza di una struttura cerebro-psichica ereditaria che accomuna tutti i membri della comunità umana. Questa intuizione geniale dell’esistenza di un inconscio collettivo si è rivelata fondamentale per lo sviluppo del pensiero umano. Essa si basa sulla constatazione inoppugnabile del fatto che, come esiste una società che va oltre l’individuo, così esiste una psiche collettiva, che va oltre la nostra psiche personale e cela parimenti grandi possibilità trasformative dell’esistenza umana. Ancora, così come l’individuo non è un essere esclusivamente isolato, ma è essenzialmente un essere sociale, così la psiche umana non è un’entità singola e puramente individuale, ma è un fenomeno collettivo. La somiglianza universale dei cervelli dà la corrispondente possibilità universale di una somigliante funzione mentale: questa funzione è la psiche collettiva. Ne risulta evidente che diviene necessario distinguere chiaramente i contenuti personali dai contenuti collettivi della psiche e questo diviene per Jung una delle basi della sua psicologia e perciò della sua tecnica analitica. Per Jung quest’universalità psichica si traduce e si condensa in configurazioni che non sono spiegabili con l’ipotesi, pur valida, della rimozione della pulsione, che lo schema freudiano proponeva. Per Jung doveva esistere un’ulteriore realtà psichica inconscia non riconducibile a esperienze personali. Nella sua pratica analitica, tramite l’analisi dei sogni, rintracciò prima ed evidenziò dopo, tutta una serie di immagini e di simboli che poi definì come archetipi. L’archetipo perciò fu definito da Jung come una forma che, utilizzando il materiale offerto dalla percezione, dall’immaginazione conscia o inconscia, dà origine a delle immagini simboliche tipiche o dei sogni o di ogni altro stato psichico che possa investire un essere umano. Per Jung questi contenuti sono delle disposizioni latenti, le quali si manifestano come espressioni della psiche collettiva e sono comuni a tutti gli individui al di là del gruppo al quale appartengono o del luogo dove vivono. Di fronte a tale complessità dell’inconscio, Jung si pose il problema della struttura psichica dell’uomo. Di questa complessa opera dobbiamo rilevare il suo concetto di Ombra. Per Jung questa componente psichica rappresentava la parte oscura, inferiore e indifferenziata, una parte primitiva e infantile che segue l’individuo e, se non integrata dalla coscienza, si muove autonomamente nella vita di ciascuno, impedendo di fatto un reale processo di sviluppo psichico. È questa una scoperta fondamentale che è divenuta attuale in quanto l’ombra non solo si accompagna al singolo, ma è una componente psichica collettiva e appartiene anche alla vita delle comunità. Oggi, se consideriamo gli eventi che caratterizzano in particolare l’occidente, risulta abbastanza chiaro come l’ombra nascosta della psiche collettiva si manifesti attraverso le spinte reazionarie e integraliste, tipo ad esempio quelle dell’Isis, che stanno sconvolgendo il nostro mondo e il nostro stile di vita. Con la sua opera Jung ha poi approfondito la riflessione sul tema fondamentale del simbolismo come attività spontanea e connaturata della vita psichica dell’uomo. Con questa nuova prospettiva, egli ha messo l’uomo di fronte a uno strato inconscio molto più profondo di quello freudiano, guidandolo con delicatezza nel regno dei miti, delle favole, delle tematiche religiose. In questa prospettiva dinamica la funzione simbolica, scoperta da Jung, risalta il processo della trasformazione della libido – l’energia sessuale teorizzata da Freud – in un mondo universale di simboli, presente fin dai primordi dell’umanità, favorendo l’organizzazione spazio-temporale delle produzioni fantastiche che da sempre hanno caratterizzato i miti, le religioni, le fiabe e le forme dell’arte. È affascinante notare come questo mondo simbolico non fosse generato per Jung da eteree e ariose risonanze psichiche, bensì da un vero e proprio istinto, anzi una vera e propria passione, un fuoco divoratore che amplia la coscienza del genere umano. Con questa nuova prospettiva aprì uno squarcio sull’attività dello spirito sapienziale, resa possibile dalla capacità dell’uomo di stabilire particolari connessioni dinamiche fra il proprio io e gli elementi transpersonali della sua psiche, in modo da permettere all’uomo stesso di sviluppare la capacità di costituirsi in una superiore unità organica, evitando così un inevitabile impoverimento della propria personalità. Per spirito sapienziale si può naturalmente intendere tutto il mondo della spiritualità che, fin dai primordi dell’uomo, ha investito il suo essere, plasmandolo e strutturandolo fin nell’intimo. Con il suo lavoro teorico sull’energetica psichica Jung fondava una riflessione scientifica sull’energia spirituale che era finalmente riconosciuta come l’energia fondante dell’avventura umana. Veniva tolto alle religioni il monopolio pratico e teorico della vita spirituale dell’individuo e ridonato all’individuo stesso la possibilità oggettiva di organizzare la propria vita intorno a quell’energia spirituale che scaturisce dall’innato bagaglio genetico. La vita biologica diveniva così il fondamento di quello stimolo verso valori spirituali e si distaccava dall’aspetto ascetico, mortificante, purgativo e autodistruttivo che aveva caratterizzato per tanto tempo il credo spirituale. Il terzo pensatore geniale che definisce la triade è stato Wilhelm Reich. Egli è stato il cantore della vita biologica dell’uomo. Gettò solide basi per riportare il corpo, considerato come un vero e proprio processo energetico, al centro della speculazione analitica. In questa prospettiva, Reich si pose una serie di domande fondamentali: come mai l’uomo nasce libero, ma vive in schiavitù? Perché è evasivo nei confronti della vita vivente? Perché l’uomo vive perennemente chiuso in una prigione emozionale? Perché l’uomo è fondamentalmente il peggior nemico di se stesso e vive una vita all’insegna di un terribile miscuglio fatto di frustrazione, invidia, intolleranza verso la sua vita e quella dei suoi simili, percorrendola con il volto e i muscoli del corpo irrigiditi? Per Reich la capacità d’amare di ogni individuo è fortemente limitata e inibita da quella che lui definì come “corazza caratteriale”. Secondo la sua teoria, nelle strutture profonde della psiche umana l’uomo “corazzato” vive un disturbo fondamentale, che è l’impotenza orgasmica. Impotenza che gli impedisce di conoscere la vita, cioè la pienezza della vita sessuale, la quale rimane un oscuro dominus dei destini umani. Questo disturbo fondamentale fu inquadrato da Reich in una più generale visione dell’umanità, affetta, secondo lui, da una vera e propria malattia definita “peste emozionale”. In questa prospettiva, la scoperta basilare di Reich, divenuta la base di tutte le sue successive teorie, fu il concetto d’identità funzionale fra psiche e soma. Con quest’ardita ipotesi, poi confermata ai giorni nostri da esperimenti scientifici effettuati nell’ambito delle neuroscienze, Reich affermava che la famosa antitesi cartesiana fra il corpo e la mente non esisteva, ma il corpo e la mente trovavano la loro unità funzionale nella realtà dei processi energetici, “luogo” dove si crea ogni attività dell’essere umano. I processi energetici unificano l’attività della mente con tutte le attività degli istinti e in primis dell’istinto sessuale. Il dramma umano, secondo Reich, stava proprio nella suddivisione della corrente energetica fra il corpo e la mente. Un corpo sano per Reich trova la libera espressione sia degli impulsi come dei sentimenti come del pensiero, in un processo spontaneo affrancato da divisioni, frammentazioni: un solo e libero flusso energetico. Solo in questa dimensione Dio, la Vita e l’Amore sono un unico e meraviglioso afflato, come un atto indivisibile e naturale. Questo è stato il punto fondamentale della sua opera. Per formulare tale postulato teorico, ha rivoluzionato con i suoi esperimenti tutta la biologia dell’epoca, gettando le basi di una teoria sessuale che ancor oggi rimane tanto innovativa da spaventare certi settori della cultura contemporanea. Il suo concetto della funzione dell’orgasmo è stato perciò il detonatore che ha finalmente liberato la sessualità da una dimensione repressiva e meccanicistica, nel tentativo di immetterlo nel profondo flusso emozionale della vita. Che cosa significa? Significa che ha ricondotto la sessualità verso le sorgenti dell’emozione amorosa, restituendole quella centralità nella vita evolutiva dell’uomo che le era stata negata da secoli di oscurantismo. Il messaggio di Reich è stato quello di propugnare una sessualità libera tanto per l’uomo quanto per la donna (una vera e propria rivoluzione per quei tempi), una sessualità libera che non fosse vissuta come un fine in sé e per sé, bensì impegnasse la persona anche sotto il profilo della sua più profonda emozionalità. È da evidenziare come la libertà sessuale di cui oggi la società occidentale dispone non abbia niente a che vedere con quella propugnata da Reich. La libertà sessuale di oggi è fine a se stessa e non impegna emotivamente nessun fruitore di essa. “Fare all’amore” diventa così un eufemismo vuoto di contenuti emozionali, riducendo la sessualità a un esercizio faticoso e piacevole senza alcun impegno, sensazione o sorpresa. L’orgasmo è consumato e digerito come un hamburger di McDonalds, senza lasciare alcuna traccia profonda fra i due partner. La sessualità fu messa da Reich al centro del proprio lavoro di psicoterapeuta e della dottrina derivata dal lavoro stesso. Si allontanò da Freud in maniera radicale perché mise il corpo e la sua funzionalità come base dell’attività psicoterapeutica. In questa prospettiva la respirazione divenne il cardine dell’attività stessa e sul respiro e le sue conseguenze concentrò le proprie osservazioni. Non più la parola divenne il fulcro dell’incontro fra il terapeuta e il paziente, bensì il corpo nella sua manifestazione più importante e nello stesso tempo nascosta: il respiro. Tramite l’osservazione delle modalità respiratorie manifestate dai suoi pazienti nel trattamento, evidenziò la correlazione che esisteva ed esiste fra disturbo emozionale e respiratorio. Arrivò perciò a formulare la rivoluzionaria tesi che, lavorando sul respiro, si interveniva anche sulla dimensione emozionale del paziente. E la psiche divenne anche corpo… In realtà Reich, con la sua complessa opera, dimostrò come i processi energetici che sono alla base della vita di ogni singolo individuo si manifestino funzionalmente in maniera identica, fino a teorizzare che nella personalità sana il livello mentale e quello fisico cooperano per promuovere il benessere dell’individuo, mentre nella personalità disturbata ci sono zone in cui questi livelli sono in conflitto. I processi energetici, di cui il respiro è il cardine più importante, sono perciò considerati come la base di quella fucina della creatività umana che investe ogni aspetto della vita individuale e di gruppo e, fattore fondamentale, investe e determina la capacità d’amare di ogni individuo e, di riflesso, il livello emozionale che la società intera può raggiungere e attuare nel suo divenire evolutivo. Come abbiamo prima accennato, la finalità di questo lavoro è intuire la risultante dinamica dell’interazione teorica delle tre scuole analitiche sopra individuate e brevemente tratteggiate e, nello stesso tempo, ricondurre quest’unione nella cornice triadica dell’attività dello Spirito che soffia sia a livello individuale sia universale. Certo, si potrebbe obiettare, quale necessità c’è di ricondurre la dinamica fra le scuole analitiche alla vita dello spirito? La risposta è che solo lo spirito è capace di quest’opera di sintesi! È lui che sospinge oltre le diatribe scolastiche sulla validità delle singole scuole. È lui che sospinge verso sintesi nuove che precorrono e sostanzializzano l’evoluzione umana. Percorriamo dunque brevemente le triadi fondamentali che hanno caratterizzato l’evoluzione umana per notare come i processi simbolici rispecchino l’evoluzione della coscienza umana. È importante rilevare come la storia dell’evoluzione dell’uomo sia parallela alla storia dello sviluppo della sua attività simbolica, che rappresenta, con tutta evidenza, la manifestazione di una progressiva spiritualizzazione dell’uomo stesso come soggetto della biosfera, intesa come evidente dimostrazione dell’attività dello Spirito. Possiamo perciò riconoscere nel simbolo il risultato manifesto di un processo energetico di condensazione e manifestazione dell’attività inconscia che coinvolge un gruppo, una comunità o un intero popolo e che, al suo manifestarsi, detiene un grande potere attrattivo e aggregante per la psiche di una moltitudine di persone. In questa prospettiva, possiamo considerare che nell’uomo l’attività simbolica sia funzione, da un lato, del movimento di trascendenza del pensiero umano, il quale crea accordi relazionali sulla base di trame analogiche puramente astratte e, dall’altro, riveli il modus operandi dell’immaginazione, che esprime l’incessante attività dello Spirito e la sua fondamentale spinta creativa. Perciò si può tranquillamente affermare che non c’è attività umana la quale non ricorra al simbolo: dalla prassi magica alla religione più evoluta, dai rapporti sociali alle forme superiori di tutte le arti e attività del pensiero. Dunque è il simbolo e, con esso, l’attività dello Spirito, il legame intrinseco che struttura l’evoluzione dell’uomo nella biosfera. Nell’uomo primitivo, ad esempio, le intense credenze così necessarie alla sua sopravvivenza quotidiana, essenzialmente basate su una complessa emotività magica, lo portarono a elaborare, fatto molto importante, una propria visione del mondo spontaneamente suddiviso in tre parti, costituendo così questa triade che risulta essere una delle prime creazioni simboliche dell’umanità: L’evoluzione della coscienza, proprio perché si rispecchia nell’attività dello Spirito, è un processo inarrestabile: l’uomo non si riflette più all’esterno e comincia a osservare se stesso. È questo un momento e un passaggio rivoluzionario per la storia umana. Il soggetto diviene l’oggetto stesso della propria osservazione. Agli albori di quello che noi consideriamo l’inizio dell’avventura umana – nel senso di storia strutturata, raccontabile attraverso reperti e testimonianze, testi e poemi – cominciò a delinearsi in maniera netta che l’uomo fosse diventato universalmente consapevole, (importante constatare questo aspetto universale), che il suo essere fosse costituito da tre fattori concorrenti tutti insieme a formarlo: il fattore materiale, quello mentale e quello spirituale. Potremo dire che è il momento in cui la soggettività diviene una struttura a se stante, la quale crea una distanza fra l’uomo e il cosmo che lo circonda, ponendo così le basi per un ulteriore sviluppo della propria coscienza e di un nuovo “balzo in avanti”. La rivoluzione si compie attraverso il manifestarsi simbolico di una nuova triade: Questa triade accompagnerà la storia dell’uomo, fino alle soglie del secolo ventesimo, con tutte le sue evidenti possibilità d’interazione dinamica. La battaglia fra i tre elementi fondanti del genere umano, tramite la combinazione di corrispondenti ideologie, è stata durissima. Il vero nodo si è rivelato essere l’aspetto spirituale dell’uomo, il quale, fino a una certa fase della sua storia, era divenuto fin troppo dominante. Forse per contrappeso, o chissà per quale altra ragione, con il Rinascimento lo spirito umano si avvicina agli aspetti profani dell’essere e torna alle antiche domande dei filosofi greci, cercando nella natura il senso e l’origine del proprio apparire e del vivere. Tutto questo porta all’individuazione del metodo sperimentale, fondando così con Galileo Galilei il metodo scientifico, base di tutta la scienza come oggi viene comunemente concepita. Con quest’operazione, la cultura, e con essa tutta la società occidentale, iniziarono a mettere in crisi e sotto spietata critica la componente spirituale o, meglio, finirono per operare una frattura fra l’attività dello Spirito e l’attività intellettuale. Lo Spirito fu ricacciato e relegato di nuovo negli abissi dell’inconscio collettivo con il famoso proclama di Nietzsche: “Dio è morto!“. Proprio le possibilità che avevano spinto l’intelletto umano verso conquiste filosofiche e scientifiche molto ardue, giunsero successivamente a distruggere la naturale composizione della triade, riducendola a una spiccata e marcata diade: Mente/Corpo. La frattura che si aprì nella nostra civiltà avanzò con ritmi vertiginosi: da un lato una scienza rigorosa e oggettiva prendeva sempre più spazio e ricacciava l’attività dello spirito sminuendolo e isolandolo nelle stanze occupate delle varie comunità religiose, dall’altro l’epoca dei lumi consacrò definitivamente la netta suddivisione fra la mente e il corpo, con il famoso assioma di Descartes: cogito ergo sum. Ma non solo, perché in realtà Descartes rese il corpo, cioè la materia, un ente amorfo e meccanico (il corpo anatomico della medicina) e una piccola regione del cervello quale unico aspetto cosciente dell’uomo. È importante sottolineare come questa scissione abbia privato il corpo, la materia, della propria componente emotiva, psichica, la quale rappresenta il substrato fondamentale della sua componente spirituale, riducendo così al tempo stesso la materia a un puro ente amorfo, guidato dalle sole leggi della meccanica razionale. Alla triade che sopra abbiamo descritto, si veniva sostituendo un nuovo simbolo molto semplificato che banalizzava il contenuto complesso, immenso e appassionato dell’anima umana: È facile costatare un fatto ormai oggettivo. Quando la ragione si stacca dalle sue abissali sorgenti emozionali, non può che cadere in una razionalità logica alla ricerca di una sistematica coerenza. Se poi diventa anche l’unico metro valutativo del carattere morale dell’azione umana, ne avrà una visione ben limitata e la prospettiva di ridurre la realtà a un sistema logico computazionale: dove si pensa e si vive “etsi Deus non daretur” – come se non ci fosse Dio, inteso quale centro della complessità affettiva dell’anima umana – l’umanità seguiterà a muoversi in uno scenario costantemente mosso da comportamenti illusori, prevalentemente centrati sulla propria forza e sul potere dell’Ego. Queste profonde scissioni hanno provocato spaccature che possiamo leggere odiernamente nella nostra società. La spiritualità scissa dalla realtà psichica dell’uomo non solo ha causato un’esaltazione della scienza positivista, bensì ha esaltato un materialismo pesante che ha privato la materia di ogni prospettiva numinosa. Il dualismo mente/ corpo si è poi precisato in un dualismo molto più sottile che adesso è al centro del dibattito scientifico: il dualismo mente/ cervello. Oggi la scienza si pone principalmente questo problema: qual è la natura dei processi mentali che il pensiero umano esprime e in che modo i processi stessi sono collegati ai vari fenomeni fisici? Si cercano disperatamente i neuroni che trasformano le attività del cervello nell’attività della mente al fine di rendere spiegabile “scientificamente”. In realtà si sta operando un profondo riduzionismo dall’attività della mente al funzionamento dell’intelletto. Secondo me, invece, la mente non è l’intelletto, bensì essa è quella precedentemente definita come “mente psichica”, cioè una mente che si basa non solo sull’attività del cervello, ma comprende anche quella della psiche (con tutta la componente dell’inconscio) ed il materiale “sottile” che viene registrato dal corpo nella sua dimensione olistica e può essere ricondotto nella sua globalità all’antica definizione di spirito. I neuro scienziati si sono invece incamminati verso una concezione che vede i processi mentali come una conseguenza esclusiva delle attività delle varie componenti del cervello. Ma a noi sembra che, attraverso le geniali opere di Freud, Jung e Reich, la psiche, lo spirito e l’eros divengano i vertici di una nuova triade che sostituisce con forza energetica originale e possente il monismo scientifico sopra descritto. Ecco la nuova configurazione simbolica nella sua dimensione reale e dinamica: È fondamentale notare come la loro unione sia di natura circolare in quanto ogni aspetto si compenetra nell’altro attraverso movimenti a spirale concentrici che permettono di formare un unicum con un potenziale energetico mai conosciuto prima dall’uomo. Un potenziale che, come vedremo, si esprime a tutti i livelli della natura umana consentendole una manifestazione della propria essenza sempre più articolata e complessa. Da questo nuovo simbolo che – lo ricordiamo – non è un simbolo astratto, bensì una totalità pulsante energia pura, si sprigiona una forza trasformativa la quale investe radicalmente tutti gli aspetti della natura umana, sia a livello individuale che societario e, di riflesso, a livello dell’intero ecumene, rimodellando le relazioni dell’uomo verso una “interconnessione comunitaria” sconosciuta fino a questo momento nella storia dell’Uomo. Ma come è possibile una sintesi dei contenuti profondi delle tre scuole che abbiamo sopra citato? Ci deve essere un elemento coagulante, un elemento cha catalizza queste tre teorie, un “bosone” che permetta la loro miscelazione senza produrre conflitti. Quale potrà essere il “mattone” che le unifica e, nello stesso tempo, le diversifica? Dall’approfondimento delle tre teorie si può estrarre una convinzione. Da Freud a Jung a Reich c’è stata la profonda rivalutazione dell’aspetto emotivo dell’uomo, pur necessariamente nelle profonde diversità teoriche. Come negare che l’irruzione dell’inconscio freudiano sia legata al mondo delle emozioni che albergano nell’anima umana? Perciò possiamo considerare il mondo emozionale come l’elemento che trasforma la mente, fino a quel momento isolata dal resto del corpo, in “mente psichica”, in quanto permette la “comunicazione” fra la mente e l’inconscio. Come negare che anche nell’opera di Jung, così tormentosa nel suo voler essere scientifica, si manifesti la forza dell’emozione spirituale quale reale archetipo dell’anima umana? E Reich non è stato forse il cantore di quelle emozioni dell’uomo che strutturano e manifestano l’amore sessuale? Il mondo delle emozioni dunque come il cemento che unisce e fortifica l’edificio di queste Scuole così importanti e rivoluzionarie per la vita evolutiva dell’uomo del XXI secolo! Da quanto scritto sopra, a me sembra si possa identificare nella “Comunione Emozionale” l’elemento che permette la sintesi creativa delle tre teorie psicologiche così come si sono manifestate alla fine del secolo XX e i primi del XXI. Dato per certo che in ogni momento è in atto un processo di trasformazione, quali potrebbero essere, allora, i cambiamenti che possiamo fin da oggi ipotizzare a seguito dell’integrazione dinamica dei tre elementi a opera della comunione emozionale? Se nella logica dialettica le due polarità generano sempre un terzo elemento, così possiamo prevedere che la sintesi dinamica dei tre componenti fattoriali dell’uomo generi, per processo di sintesi, un ulteriore elemento, il quarto. Sotto il profilo simbolico, diviene perciò plausibile immaginare che possa generarsi un quarto elemento, il quale rappresenterà nei contenuti i tre elementi, ma sarà indipendente e sovrano nella sua nuova forma. Cerchiamo di ipotizzare allora quale potrebbe essere il nuovo elemento che verrebbe a manifestarsi come una nuova epifania nel cielo stellato dell’evoluzione umana. Il simbolo quaternario che nasce dovrà superare ogni antica dicotomia che bloccava lo sviluppo evolutivo della triade e rimuovere ogni stagnazione energetica, proiettando il futuro dell’uomo oltre il bene e il male, oltre il ruolo uomo-donna, oltre il dolore-piacere e inondare la storia dell’umanità con una coscienza energeticamente nuova, fondata su valori aperti a una dimensione della vita solare, luminosa e spontanea. Perciò Il quarto elemento non potrà che essere un ulteriore elemento che raccoglie le istanze dei tre precedenti, le unifica e le rende stabili: “creare è unire”, sottolineava Theilhard de Chardin! Quale potrà essere questa sostanza, il potente generatore di una forza superiore che l’umanità sta aspettando e maturando da secoli, se non l’amore? Allora possiamo considerare che se facciamo confluire nella parola “amore”, con tutta la sua bellezza, la potenza della mente psichica; se facciamo confluire nella parola “amore”, con tutta la sua forza, la spiritualità; se facciamo confluire nella parola “amore”, con tutta la sua magia, la titanica energia dell’eros; se questo facciamo, quale barriera culturale, quale muro ideologico, quale forsennata spinta divisoria può resistere a un tale “ammasso” energetico? Per questo la “comunione emozionale” diviene strumento rivoluzionario: esso dà una solida struttura a quel sentimento chiamato amore che giace sepolto nell’ombra dall’origine dell’uomo. Comunione è contatto, condivisione, comunicazione, nutrimento… per l’altro, con l’altro e nell’altro. Appare dunque così evidente come l’unione circolare dei tre elementi possa divenire una forza che investe tutte le relazioni fra l’uomo e il suo cosmo, trasformandolo da essere chiuso come una monade nella propria paurosa insicurezza, a essere collocato al centro di relazioni “amorose” con se stesso e il mondo circostante. Sarà, infatti, la comunione emozionale, intesa come un’emozione complessa che investe la parte più sottile dell’essere umano, a dare un corpus reale all’energia erotica come alla mente psichica. L’eros diviene una forza superiore alla meccanica sessuale, così come la mente trova nelle profondità irrazionali della psiche il suo grande alimento e fondamentale complemento. E lo Spirito? S’incarna per divenire una disposizione dell’animo umano tesa verso valori profondamente umani. quali la creatività, la tenerezza, la gentilezza, la grazia, la condivisione, la solidarietà e l’accoglienza. Non più quindi uno Spirito disincarnato, severo e fuori dal complesso uomo, ma uno Spirito nutritivo per l’anima dell’uomo. Vediamo perciò come il “bosone” sia un elemento che produce “comunicazione”, crea uno stato, appunto, di “comunione“. Tanto è vero che ambedue le parole hanno, infatti, la stessa etimologia latina, communis. Il fattore “comunione” è perciò quello “primario” perché non solo trova in una qualità emozionale il colore della propria esistenza, ma rappresenta il vero mattone che genera il fattore propulsivo e di spinta che sorreggerà tutta l’impalcatura teorica dei tre maestri di psicologia. La “comunione emozionale” possiamo dunque considerarla come un’emozione superiore ed evoluta di quel processo deterministico degli istinti che ha caratterizzato l’uomo primitivo. Ma vediamo meglio in modo più dettagliato questo processo, fondamentale per l’evoluzione dell’uomo. L’energia spirituale della materia si è progressivamente incarnata dando inizio a quel processo dell’evoluzione che ha portato l’umanità a rappresentare un ennesimo anello di congiunzione fra i nostri progenitori antropomorfi e le future generazioni, le quali saranno sempre più evolute. Questo processo è dovuto al progressivo affinarsi delle componenti affettive dell’uomo, riflesso del regno dell’emozioni. Ciò è facilmente riscontrabile se operiamo dei veri e propri scavi archeologici nella mente umana, sorretti dalle scoperte scientifiche dell’archeologia. Il vortice energetico che informa l’attività del nostro cosmo ha dapprima generato il mondo dei riflessi delle prime cellule eucariote. Il primo e fondamentale movimento della vita è stato quello che motiva un approccio verso le sostanze nutritive ed evita le sostanze tossiche. Se riflettiamo un attimo, questo meccanismo, fondamentale per l’evolversi della vita, è ancor oggi alla base della nostra esistenza! Sono passati ormai miliardi di anni da quando questo meccanismo di sopravvivenza gettava le basi dell’organizzazione del nostro sistema vitale che è oggi, ovviamente, molto più sofisticato e complesso ma, nella sua semplicità, sempre attuale. Intorno a questo riflesso nervoso così primitivo, il processo evolutivo ha lentamente e progressivamente costruito un vero e proprio “campo energetico emozionale”, una sofisticata struttura che ci permette una complessità del sentire della quale oggi tutti gli uomini sono forniti e in un processo che continua. Andiamo con ordine: lentamente, al riflesso nervoso si sono aggiunte le strutture complesse che definiamo come “istinti”. Che possiamo dire di questa organizzazione? Essi hanno permesso il consolidarsi e il moltiplicarsi di schemi e comportamenti sempre più vantaggiosi per l’adattamento e la sopravvivenza delle specie. Ma non solo: questi programmi motori innati hanno permesso, con i loro automatismi, di dare sempre più spazio all’apprendimento. Esso è stato il fertile terreno di quello sviluppo evolutivo che, attraverso successive fasi, ha scavato spazi di riflessione, i quali hanno portato alla nascita della coscienza. La fase successiva si caratterizza per la nascita delle “pulsioni”, che hanno reso ancora più complesso il comportamento animale. Quando fu richiesto ai cuccioli delle specie dei mammiferi di provvedere al cibo ed al nutrimento per le loro vite, essi dovettero sviluppare un forte attaccamento alla loro madre. All’interno di questo profondo rapporto si svilupparono emozioni tenaci, prepotenti oppure devastanti, come l’attaccamento o l’abbandono. È stato nel rapporto cucciolo-madre che sono sbocciate e si sono manifestate nella loro pienezza le pulsioni basate su sensazioni di paura o di rabbia, di piacere e di allegria: queste forti coloriture emozionali divengono gli indispensabili strumenti per la sopravvivenza del piccolo che rinnova in ogni momento, attraverso di esse, il duro contratto con la vita. Questa base pulsionale variegata e differenziata diverrà lo strumento ponte per una successiva organizzazione certamente più composita: quella delle emozioni che formeranno, attraverso il progressivo instaurarsi di un complesso “campo”, l’universo versatile della coscienza umana. Dalle pulsioni alle emozioni, questo è stato il balzo in avanti dell’evoluzione. Le emozioni hanno determinato la formazione della neo-corteccia cerebrale, con la forza pulsionale delle loro motivazioni sempre più precise e costanti nel tempo. Sono state una forza tremenda che, per successive stratificazioni, ha plasmato il sentire pulsionale animale in un sentire cosciente che un cervello sempre più grande riusciva a elaborare. È stato questo il processo evolutivo che ha portato lo scimpanzé arboricolo a divenire un uomo, con il suo bagaglio sempre più specializzato, racchiuso in un corpo sempre più funzionale. Infatti, non si può dimenticare l’evoluzione del corpo che, di pari passo alla funzione immaginativa che fondava la psiche, è divenuto quel congegno perfezionato il quale ci ha portato verso un sentire sempre più globale. In questa prospettiva evolutiva, possiamo ipotizzare che la comunione emozionale sia una sottile, sottilissima emozione biospirituale, intesa come un’emozione coinvolgente simultaneamente tanto il corpo quanto la psiche, in una perfetta unione olistica. È fondamentale l’aggettivo “sottile” in quanto esso solo rende l’idea di una emozione la quale diviene energia che suffla attraverso il corpo, lo investa direttamente, lo vitalizza e lo immette nello spirito cosmico che lo circonda, in una unione molecolare ed emozionale nello stesso istante. La “comunione emozionale” non può essere un’immagine, né può essere immaginata, non penetra ma pervade, avvolge, si distende e ingloba l’essere nell’esistente che lo circonda. Non divide, unisce. Mentre Il pensiero divide, la comunione emozionale avvicina, accosta, approssima, aderisce, diviene vortice, eclisse dei sensi… È da sottolineare come questa sottile e strutturata emozione sia composta da vari elementi che la fondono e la strutturano in maniera solida. Il filosofo francescano Orlando Todisco ha sviluppato concetti fondanti lo sviluppo della filosofia, finalmente in un profondo senso umanistico. Noi li useremo per delineare le basi della “comunione emozionale”. Primo fra tutti il “Pensiero che ama”: riteniamo sia lo sviluppo naturale e più rivoluzionario per superare la diffusa concettualità critica e asettica in cui il pensiero occidentale ormai è racchiuso. Il secondo punto si riferisce al “Pensiero come servizio”, altro fiore che supera il pensiero come emanazione egoica della personalità per arrivare a un pensiero che diviene servizio (servitium) per la comunità degli uomini. E ancora la “gratuità” come forma di relazione fra gli esseri umani. C’è una categoria più rivoluzionaria della gratuità nella società contemporanea ossessionata dal profitto? La “Conoscenza come ri-conoscenza” è un altro fondamentale elemento. Si conosce per esprimere gratitudine e non come esercizio del potere individuale o di una cultura. Da ultimo la “Libertà creativa”. Categoria che riporta l’individuo nella scia dello Spirito, l’elemento che meglio esprime la profonda libertà del creare, la sua dimensione gioiosa e serena che accomuna tutti gli esseri in una forma leggera e armoniosa di convivenza. Con queste basi la comunione emozionale innesca un fattore fondamentale. Il processo di unione emotiva determina un progressivo affinamento della materia, rendendola sempre più sensibile, sottile e impressionabile. La grossolanità lascia finalmente lo spazio alla fragilità ma, soprattutto, alla delicatezza del tessuto psichico dell’uomo. La delicatezza diviene parametro evolutivo fondamentale per sostenere il suo sviluppo verso una dimensione spirituale e sottile che partecipa delle interconnessioni con l’intero Cosmo. Come il fiore è il coronamento di un processo energetico che trasforma il sale della terra in bellezza e frutto, così la comunione emozionale è l’apice di un processo antico sempre più perfezionato che finalmente disvela le sue potenzialità donando al genere umano la possibilità di trasformare “il prossimo tuo in te stesso”. Cosa significa? È la possibilità più alta cui il genere umano può aspirare in termini affettivi; significa la possibilità per ogni singolo uomo di entrare in “comunione emozionale” con l’altro da lui, instaurando una vera e propria sin-tonia che facilita una comunicazione affettiva fluida e reciproca. Un altro aspetto molto importante da sottolineare è quello di non confondere la comunione emozionale con una sorta di relazione simbiotica che svierebbe completamente la sua reale forza e qualità. Questa si basa certamente, su un aspetto di comunione, ma la comunione non produce la riduzione a un elemento del rapporto; nella comunione emozionale due esseri o enti che siano, hanno uno scambio amoroso del proprio patrimonio cellulare, rimanendo rigorosamente due persone distinte e separate. Può essere inoltre interessante notare come la comunione emozionale possa essere l’emozione complessa che ingloba la compassione. Questa emozione dal sapore di un forte e profondo sentimento, ha la sua etimologia dalla parola latina cum pati, soffrire insieme. Ebbene questa forza così importante, base ad esempio di tutta la dottrina buddista, potrebbe essere stimata come una componente fondamentale della “comunicazione” amorosa che così la comprende e la integra. Dunque con la spinta energetica e congiunta delle tre forze prima evidenziate, ispirate nel loro movimento vorticoso dalla forza propulsiva della “comunione emozionale”, si può manifestare quella forza vera, reale, generatrice di nuovi mondi e di nuovi ideali chiamata in ogni parte del cosmo amore. Il manifestarsi di questa nuova forza potrà provocare una serie di trasformazioni fondamentali del genere umano che essenzialmente possiamo riassumere in: 20 agosto 2015