Nel dizionario di psicologia del Galimberti il corpo è definito genericamente come “lo sfondo di tutti gli eventi psichici”.
Dunque un “luogo”, anzitutto. Forse questa definizione vuole suggerire l’idea di un corpo come un palcoscenico sul quale le dinamiche psichiche avvengono e si manifestano.
Ci sembra che questa definizione dia una immagine statica del nostro corpo e, forse, anche portatrice di una dicotomia fra il luogo e l’evento.
È come dire che da un lato c’è un luogo che è il corpo materiale e dall’altro ci sono gli eventi psichici. Due processi separati se pur finalizzati alla stessa rappresentazione.
Certo non è più la vecchia concezione materialista dove il corpo era considerato come una macchina provvista di motore, freni, pompe e tubi di scarico etc., e perciò completamente scisso dalle sue componenti psichiche: concezione che già Biswanger nel 1946 considerava come il “cancro di ogni psicologia”.
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Oggi, forse, dovremmo dare al corpo un significato ancora più dinamico di quello sopraccennato: dovremmo considerarlo come il Processo dinamico stesso che, in una dimensione di “simultaneità”, effettua istante dopo istante un gioco di selezione e scambio d’informazioni utili al mantenimento della sua “vita” e, soprattutto, della sua crescita: il corpo visto come un organismo vivente complesso. Possiamo così immaginare un corpo vibrante in ogni sua componente, percorso da una rete d’informazioni che collega fra loro tutti i sistemi e gli organi.. corpo come un gigantesco circuito che smista e riceve informazioni nello stesso momento, al fine di mantenere integro il processo vitale. Candace B. Pert, la scienziata americana che con una coraggiosa ricerca –che meriterebbe un apposito approfondimento – ha dato una base biologica unitaria alla perseverante dicotomia fra corpo e mente, scrive: “Non possiamo più attribuire alle emozioni minore validità che alla sostanza fisica o materiale, anzi dobbiamo considerarle segnali cellulari coinvolti nel processo di traduzione delle informazioni in realtà fisica, che trasforma letteralmente la mente in materia”. Ciò premesso, vorrei accennare a un caso problematico che ho seguito in questi ultimi anni: quello di una paziente affetta da carcinoma mammario, con metastasi ossee. Lo ritengo un buon esempio dimostrativo per illustrarvi ciò che intendo per “corpo negato”, concetto che è al centro di questa comunicazione, e che affonda le radici proprio in quella visione psicosomatica dimostrata dalla Pert. In via dell’Erta Canina, a Firenze, c’è un’iscrizione con una breve storia che tutte le volte che passo di lì per portare a spasso la mia canina, mi soffermo a leggere. “Una tartaruga pregava un’aquila perché le insegnasse a volare e quanto più questa (… l’aquila) le dimostrava che era cosa aliena alla sua natura tanto più l’altra (la tartaruga) insisteva. Allora l’aquila afferrò la tartaruga fra gli artigli, la sollevò in alto e la lasciò cadere”. Ovviamente ci sono diversi livelli di lettura di questa storia, ma per quanto riguarda questo lavoro c’è un insegnamento fondamentale: Tutti gli individui nascono con una Natura ben definita, individualizzata sia per specie che per individuo e questa Natura non può essere alienata pena la morte (psichica e fisica). Se è vero, come abbiamo accennato prima, che l’organismo è un processo dinamico unico e universale, è altrettanto vero che la natura dell’organismo di ogni individuo è unica e irripetibile. Già la filosofia greca aveva evidenziato questo doppio aspetto. Infatti la “natura” era stata definita non solo come un ente universale ma anche come “il carattere intimo e permanente di un essere”. Tanta letteratura psicologica ha voluto farci credere che quando un individuo nasce è una tabula rasa: al contrario, ogni bambino alla nascita ha una sua spiccata personalità, un suo destino e delle variabili potenzialità creative a disposizione per il suo successivo sviluppo e processo di realizzazione di sé come individuo. Alla nascita si evidenziano differenziazioni basilari sulle quali si depositeranno poi, nel tempo, tutta la massa delle esperienze interattive che il bambino sperimenterà con l’ambiente circostante: dai primi fondamentali odori e suoni, alle temperature, e poi alle immagini, alle prime rappresentazioni del mondo attraverso il rapporto con la madre, e poi con il padre fino ai familiari, e un giorno l’inserimento nella vita sociale in tutte le infinite variabili quotidiane.. In questa ottica, di fronte alla paziente con il cancro, sono andato a ricercare nei limiti del possibile, quale fosse la sua reale “natura originaria” , le sue caratteristiche, le sue predisposizioni, le sue potenzialità creative, le sue fragilità, le sue ombre. Quali strumenti abbiamo a disposizione per questo tipo d’indagine psicologica? Ne esistono molti e ciascuno è sicuramente valido. Personalmente, ne uso due che ritengo fondamentali, per la mia pratica psicoterapeutica. Il primo sono i sogni, che considero elementi preziosi e basilari, una fonte inesauribile d’informazioni sulla vita inconscia del paziente. Il secondo strumento è il linguaggio del corpo, secondo il metodo dell’Analisi Bioenergetica elaborato da A. Lowen, alla cui base sta l’identità a livello funzionale fra il corpo e la mente, in una visione olistica dell’uomo stesso. Cito un breve frammento sulle potenzialità di questo secondo strumento: “… così come un boscaiolo può leggere la storia della vita di un albero dalla sezione trasversale del tronco, in cui sono evidenti gli anelli della sua crescita annuale, così il terapeuta bioenergetico può leggere la storia della vita di una persona dal suo corpo. L’organismo umano, a mano a mano che cresce, aggiunge strati di personalità, ciascuna delle quali continua a vivere e funzionare nell’adulto. Quando lo stesso soggetto può accedere a questi strati, essi formano una personalità integrata e scevra di ogni conflitto. Se qualche strato o esperienza è represso o non accessibile, la personalità è in conflitto e perciò limitata”. Ritornando così al caso che sopra accennavo, il mio approccio psicoterapeutico è stato quello di andare a scandagliare in che modo e in quale misura, la “natura originaria” di questa donna fosse stata in qualche modo offesa, forzata, verso una strada che non le era propria. A livello d’immagine corporea ella dava l’impressione di essere una donna forte e volitiva, tendente a dare una immagine di sé decisamente molto mascolinizzata, con una energia che si era addensata nella parte alta del corpo, sempre sorridente e gentile, con un linguaggio molto “acculturato” che suggeriva all’ascoltatore che “lei”, in realtà, sapeva già tutto quello che c’era da sapere, ponendosi così in una posizione di superiorità nei confronti del mondo circostante. Una chiara personalità narcisistica agli occhi del terapeuta bioenergetico. Dopo qualche tempo dall’inizio della psicoterapia, un sogno arrivò, preziosissimo, a illuminare la storia reale di questa signora. Mi raccontò: “Ho sognato l’immagine di un neonato,di circa otto giorni, appoggiato con dei cuscini sopra un vasino. E ho l’impressione che vicino ci fosse mia madre orgogliosa di tutto questo…”. Così mi narra, come se fosse una cosa “naturale”, quanto la madre le avesse raccontato, con visibile orgoglio, come la sua bambina ( cioè lei), fosse stata messa nelle condizioni di regolare le sue funzioni biologiche addirittura nei primi giorni di vita, dimostrando così al mondo le sue potenziali straordinarie capacità! Potete immaginare lo sforzo di questo povero neonato che per assecondare la madre (verrebbe da dire s-naturata”) dovette impiegare per tentare di regolare le sue funzioni biologiche in un tempo impensabile per una operazione del genere? La sua storia di bambina e di donna poi, rifletteva questo terribile trauma (perché di trauma si tratta) iniziale. Per tutta la vita seguente “aveva dovuto” vivere all’insegna di una dimostrazione continua di bravura e di grande responsabilità: aveva dovuto essere obbediente, aveva dovuto essere sempre buona, aveva dovuto negarsi ogni richiesta, aveva dovuto prendersi cura e responsabilità per il fratellino che era nato dopo di lei, aveva dovuto essere brava a stemperare i conflitti dei genitori accollandosi la responsabilità del mantenimento del loro rapporto, aveva dovuto essere brava a scuola, e poi brava come insegnante, e poi brava come moglie, e poi brava come madre … tutta la sua vita era stata, come lei stessa disse fra le lacrime, “ un grandissimo sforzo” per dimostrare al mondo la sua peculiare capacità in ogni aspetto della vita. Così sintetizzò in una frase il suo dramma: “Io dovevo essere sempre la più brava e la più responsabile in ogni gruppo, in ogni ambiente che frequentavo”, dove il verbo dovere da un lato e l’aggettivo brava dall’altro, avevano formato il binario nel quale tutta la sua vita aveva,appunto, dovuto scorrere. Un percorso entro il quale aveva dovuto contenere ogni slancio, ogni entusiasmo, ogni istinto vitale! Compresa la sessualità, rimasta obnubilata da maternità ripetute al servizio di una “immagine” di famiglia perfetta da offrire in sacrificio alle voraci esigenze delle sue origini. Un corpo, dunque, non compreso nelle sue profonde istanze, nella sua specificità. Un corpo al quale era stato negato ogni intendere emotivo, perché privato del suo orientamento primario. Un corpo, perciò, senza una propria realtà corporea che divenga coscienza, E ancora, un corpo al quale era stato negata la possibilità di un processo di sviluppo naturale che potesse produrre delle scelte personali. Un corpo al quale era stato negata la possibilità di un processo dinamico generatore di una propria moralità di fronte a se stesso e al mondo. Condizione, queste, senza le quali, ogni donna, ogni uomo divengono oggetti massificati delle ideologie sia familiari che della comunità nelle quali si sviluppano. “Corpo negato”, dunque, come un corpo snaturato dal suo personale destino perché, come direbbe un antico filosofo, “la natura è il senso delle cose”. Intervento al simposio “La Filosofia del Corpo” nell’ambito del XXI Congresso nazionale Società Italiana Medicina Psicosomatica – Firenze, 15-18 Novembre 2007, moderato da M. Rosselli a cui hanno partecipato anche S. Crispino (Roma), N. Marasco (Firenze), P. P. Rossi (Firenze)